CHE BELLO AMMUTINARSI AL PORTO

(23/09/2000) di Claudia Rocchi
Non più balletto ma neppure astrattismo. La danza penetra nella vita quotidiana, si insinua fra le pieghe di spazi comuni eppure distanti, sollecita attenzione e rispetto laddove imperversano cecità e sordità. E' la danza del 2000, quella proiettata verso un millennio dove è il panorama artificiale a imporre i colori del mondo. E' la natura della città, lo spazio urbano fatto di cose e oggetti, inventate da un uomo geniale ma freddo. In quei luoghi da sempre oscuri alla danza, il corpo chiede invece di entrare, per cercare dialogo, confronto. E allora i movimenti si modellano sul linguaggio di quegli spazi, così da rendere più accoglienti le emozioni della danza.

E' il senso del Festival "Ammutinamenti" ideato da Monica Francia nella sua città, a Ravenna. Una rassegna che dal 14 al 18 settembre ha invaso quegli ambienti urbani, potendo contare sul contributo del Comune, in linea con il circuito internazionale "Città che danzano" che accomuna metropoli: Londra, Barcellona, Lisbona, Bologna, L'Avana, Buenos Aires. Piazze, strade, municipio, parcheggi, sono stati alcuni degli spazi privilegiati dalle compagnie arrivate in Romagna. Fra queste, Guglielmo Tell di Ferrara, Esse.Pa Roma, Coop Dioniso Palermo, Francesca Proia Ravenna, Slapstick Cremona, Juan Diego Puerta Colombia, Laudati Bologna, Almescabre Milano, Compagnia Monica Francia Ravenna, Catia Dalla Muta Bologna, Bassini - Bruni Ravenna, Gruppo Vi-Kap Bologna, Mariella De Logu-Gianni Gori Ravenna.

IL PORTO

Lo spettacolo conclusivo è stato un evento speciale. Due volte speciale. Perchè ha preso forma nel porto, il luogo più singolare della città. Ma ancor di più perchè si è creato in un luogo che appare un corpo a sè stante; slegato dalla città pur al centro di essa; distante dai suoi abitanti, che sembrano considerarlo un luogo dell'altrove.

Ciò aggiunge mistero a una città che, diversamente dal resto della Romagna, sembra avvolta in un mantello di mistero. Da là ha preso il via la "gita" sul porto. Un regista (attore) assistito da una svampita Gelsomina (attrice), ha invitato il pubblico a salire su una piccola motonave, un Rex dei poveri, tanto per restare in tema di Romagna. Nella sera illuminata artificialmente, la "cappa" di umidità dettava un input di pacatezza, nell'acqua impregnata di fumi e odori. Fra enormi traghetti, in mezzo a gru che spostavano container come fossero scatolette, solo la nebbia sembrava la grande assente per completare quel quadro di natura artificiale.

LA PERFORMANCE

Il primo scalo è a ridosso della "Marcegaglia". Il primo clic sulla danza del porto ritrae una giovane danzatleta compressa dentro a una scatola, come feto che non vuole uscire. O forse come un essere che, illuminato di luce bianca fluorescente, vorrebbe esprimere emozioni che fatica a comunicare. Si prosegue con un danzatore - mimo che si agita su un palcoscenico industriale; si chiude con sei danzatrici che, su note classiche, infondono eleganza al grigiore urbano.

Ci si imbarca di nuovo; lo scalo è su una banchina, di fianco a un traghetto mercantile. Là si viene accolti da un impudente danzatore che, in slip e ginocchiere, salta e rotea sul cemento. Facendosi sberleffo di passerelle con "macho" muscolosi, chiude l'esibizione calando lo slip e mostrando l'anatomia del deretano.

Quindi arriva una dama bianca dall'incedere lento, da madonna tormentata, a piedi scalzi. Intinge il volto in un vaso di cemento e con "colpo di teatro" infanga il viso; la dama è ora una madonna nera.

Il terzo allestimento sintetizza al meglio il connubio fra spazio e scena, ovvero fra ambiente portuale e danza urbana. Al centro di una pila di containers si susseguono tre compagnie. Palcoscenico sono tre dei medesimi containers, spalancati da un lato a mo' di vetrine olandesi. Il pubblico è colpito da quella danza tonica, forte, atletica, ma anche violenta, tesa, impaurita. La stessa danza del mondo che la abita. Eppure condita di divertente suspense: all'improvviso, come un cavallo pazzo, arriva sparato un muletto con container; fra stupore e un pizzico di spavento il container è mollato sul cemento. Prima del ritorno alla darsena, c'è ancora tempo per un'ultima esibizione di danza urbana, energica e arrabbiata: una coppia si agita dentro e fuori a un'auto Duna scassata, infliggendole il colpo di grazia.

AMMUTINAMENTI

Gli "Ammutinamenti" sono terminati. Resta un'idea, che accomuna una danza condivisa da gran parte delle giovani compagnie del mondo. Una danza apparentemente di nicchia, creata invece per avvicinare un pubblico popolare. Una danza che di istinto spaventa, per i movimenti di lucida follia che contiene. Ma che cerca pure il divertimento, attraverso un gusto dichiarato per l'ironia.

Non c'è più lirismo, ma resta la suggestione. Per crescere, dovrà chiedere di più a se stessa: non limitarsi all'effetto, ma ricercare motivazioni mai inutili. Puntando, magari, ad allestimenti che implicano una coralità anche all'interno della stessa coreografia. Lo studio e il rigore dovranno essere gli stessi di sempre: come nella vita, anche la danza deve guardare in alto.

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