Le scuole di danza e l'associazionismo.

(01/01/2000) di Rosanna Pasi

Sempre più frequentemente ci viene fatto di constatare la difficoltà del comunicare o prima ancora del "mettersi in relazione" gli uni con gli altri sia a livello singolo sia a livello associato: Nell'era del "villaggio globale" grazie anche alla sofisticazione e alle possibilità raggiunte dalle nuove tecnologie, una delle più grandi difficoltà è quella di stabilire relazioni significative.

Lo è per gli adulti, per i giovani ma anche per le istituzioni culturali, sociali e politiche che pertanto rischiano di essere "autoreferenziali".

Sembra un paradosso, ma tant'è.

E bastano pochi esempi a conferma di quanto detto: proviamo di verificare con chi interloquisce una qualsiasi istituzione culturale e ci accorgiamo subito che prevalentemente parla a se stessa. Chiedere poi ad una qualsiasi istituzione culturale di conoscere il suo progetto, è visto, nel caso più semplice, come la violazione della propria privacy quando non come una grave ingerenza lesiva della autonomia dell'associazione stessa.

Questo è vero in tanti campi, compreso quello della danza, che è l'argomento di cui desidero occuparmi.

Non vi è dubbio che nel nostro paese esiste una miriade di scuole di danza ( nella sua accezione più ampia) che pur operative da molti anni "parlano" solo a se stesse cioè ai genitori dei propri allievi/e.

Non solo non si rivolgono a nessuna istituzione, ma nemmeno si parlano tra di loro. Tutto il potenziale di "valore aggiunto" che la danza è in grado di offrire alle istituzioni culturali e sociali, viene pertanto vanificato da un clima di conflittualità fra scuole ( fra insegnanti) e di incapacità di andare oltre la porta dell'aula di lezione.

Ciò genera comprensibilmente stati di insoddisfazione da parte degli operatori, in genere operatrici, che pur dotate di grandi capacità creative ed artistiche, costrette a misurarsi e a scontrarsi con un muro di incomprensioni e di pregiudizi, si chiudono maggiormente in se stesse. Nei casi peggiori alcune insegnanti di scuole di danza, per fortuna sempre meno numerose, perpetuano il mito di Narciso. Questo è lo stato dell'arte che ho lasciato quando le mie figlie hanno interrotto la frequenza di una scuola di danza, questo è quanto ho trovato anni dopo, quando mi è stato chiesto di coordinare l'attività di un'associazione di scuole di danza che andava nascendo sul mio territorio a seguito di una felice intuizione del direttore del teatro della città.

Una nuova associazione ( fra scuole di danza) da aggiungersi alla molteplicità di associazioni presenti sul territorio! Quando ho accettato l'incarico, ho avvertito la difficoltà dell'operazione culturale proposta e mi sono adoperata perchè la nuova associazione non fosse una sigla da annoverare nel numero di quelle esistenti, ma una modalità operativa con un progetto e con una prospettiva che nel corso di questi anni si è organizzata e consolidata e che ha portato le scuole dalle 4 iniziali nel 1995 alle 17 attuali utilizzando unicamente il criterio del "passa-parola".

Obiettivo prioritario di questa nuova realtà che abbiamo chiamato "Romagna Danza" per rendere immediatamente riconoscibile il genere di attività e la connotazione geografica, è proprio quello di aiutare le scuole di danza ad uscire dall'autoreferenzialità, per far comprendere al territorio nella sua totalità il "valore aggiunto" di un'attività - la danza - in termini formativi e culturali.

Quando l'idea di un'associazione fra scuole di danza ha cominciato a delinearsi e a prendere forma e contenuti concreti, non era assolutamente scontato l'esito. I risultati oggi raggiunti - la capacità di essere accreditati come interlocutori del mondo della scuola istituzionale - è stata una scommessa prima di tutto fra le insegnanti delle singole scuole di danza e successivamente con le istituzioni culturali e sociali del territorio. Aggiungo che alcune istituzioni, quelle più vivaci in termini culturali, stanno comprendendo sempre più e meglio obiettivi e metodologia di lavoro, registro invece che quelle socio-politiche sono senz'altro più lente nella valutazione e comprensione della proposta; la loro difficoltà è data dal fatto che non sono in grado di incasellare l'attività svolta fra quelle "consolidate".

E' uno sforzo che viene chiesto a persone abituate a lavorare seguendo unicamente il proprio itinerario a mettersi in ascolto di quello che succede attorno e a pensare che qualche volta l'input può essere raccolto e non sempre e solo dato.

Questo per pensare positivamente, ma non mi nascondo che in genere questo è l'alibi dietro il quale si nascondono politici e dirigenti degli uffici culturali istituzionali. Incrinare questo muro è una sfida nella sfida, non facile, ma senza dubbio stimolante.

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