Dieci anni di ARTE IN MOVIMENTO

(09/06/2009) di salacadulla

Spettacolo celebrativo della Scuola di Danza di Avellino al Teatro Carlo Gesualdo

 

Bella prova davvero ha offerto martedì 9 giugno al teatro Carlo Gesualdo di Avellino la scuola di danza Arte in Movimento, in occasione della chiusura dell’anno accademico. Uno spettacolo sobrio nell’impianto, piuttosto contenuto nella durata, godibile dall’inizio alla fine, vario, senza cedimenti, di forte intenzionalità nei contenuti e capace di indurre a una crescente partecipazione emotiva grazie all’oculato ordine di successione delle parti. Insomma il contrario di ciò che ci si può aspettare da un saggio di danza che, si sa, se è una gioia per le mamme e i papà degli allievi, rappresenta quasi sempre una noia per tutti gli altri spettatori. La direttrice di Arte in Movimento, Antonella De Angelis, non nuova a scelte coraggiose e controcorrente, ce l’ha messa tutta per compiere un ulteriore passo avanti, volendo festeggiare, tra l’altro, i dieci anni di attività, un periodo non particolarmente lungo per godere dei frutti di una scuola di danza, ma certo sufficiente per fare un bilancio.

Ad aprire lo spettacolo è stato un balletto di repertorio, Chopiniana o Le Silfidi su musiche di Chopin, difficile banco di prova per gli interpreti dei ruoli principali, ma anche per l’intero corpo di ballo, che deve misurarsi con la complessità delle figure d’insieme, in continua variazione. La coreografia che Fokine creò nel 1808 è stata adattata dalla De Angelis, che vi ha inserito con originalità delle parti per le allieve più piccole – simpatiche silfidi in sedicesimo -, e di corso medio. Una prova difficile per tutti, e da tutti sostenuta con rigore apprezzabile. Un bravo particolare a Francesca De Marco e Giulia Maffei, entrambe impegnate per la prima volta nei ruoli di “prima ballerina”; a Guglielmo Schettino, loro partner composto ed elegante; alle soliste Simona Addonizio, Naomi Alvino, Silvia De Angelis, India Iannaccone, Iole La Sala, Federica Oliviero, Maria Simone.  

Tutta scoppiettante è stata la seconda parte. Dalle danze di carattere, giocose e garbate, create da Elena Palladino su musiche di Delibes e Brahms, alle variazioni di alto virtuosismo, susseguitesi con rapida successione, in un’atmosfera di brio e entusiasmo crescenti, che ha travolto tutti.

Giulia Maffei ha aperto la batteria, cimentandosi con le temibili variazioni del I atto dal Don Chisciotte.  Il coraggio guerriero, la forza senza risparmio con cui ha affrontato l’impegno, insomma la giovanile generosità hanno svelato una tecnica brillante. Francesca De Marco si è cimentata con le variazioni di Paquita. Brava, determinata, sicura. Simona Addonizio ha sostenuto le celebri variazioni col ventaglio dal III atto sempre del Don Chisciotte: vigorosa, pulita, capace di sottigliezze nell’atteggiamento del volto. Silvia De Angelis, impegnata anche come assistente a tutte le coreografie, ha chiuso la spumeggiante seconda parte come Esmeralda elegante e dolce, bellissima nelle linee dei movimenti, sempre eseguiti con facilità e slancio.

E si arriva così alla terza parte in meno di un’ora. La terra negli occhi, un lavoro coreografico scritto e realizzato dalla direttrice della scuola su musiche di autori contemporanei di area mediterranea, che “mira – si legge nel programma di sala – a dare risalto al territorio, ai personaggi, alle sfumature socioculturali irpine”, ma anche a “comunicare sogni, disagi e limiti” della terra irpina. É un lavoro di ricerca originale, per contenuto e per forma. Questa si serve della danza e della musica, ma non solo. A guidare il tutto è un cortometraggio, girato con intelligenza da Francesco Marzullo. “Il corto si apre con l’immagine dei segni del tempo sui volti di un’anziana donna […] La voce di lei che racconta diviene il movimento musicale di un retaggio culturale.” Siamo a Guardia dei Lombardi (Avellino): “vicoli, piccole scalinate in pietra, interni di abitazioni […] donne anziane intente nei loro lavori […]”. E il corto si alterna alla danza dal vivo: donne vestite di nero con i piccoli in grembo, donne che subiscono soprusi, donne che sono in schiavitù, che combattono, che crescono e si emancipano, che vanno via portando dentro per sempre la terra che le ha partorite. Temi, situazioni e problemi, comunque, di grande rilievo, che rimandano al percorso esistenziale di ciascun individuo, al difficile cammino di affermazione di sé e di conquista di libertà e autonomia dal contesto socioculturale di provenienza.

Alla danza ha dato forma Antonella De Angelis. Legata visibilmente ai moduli stilistici di Alvin Ailey, pur con molte contaminazioni - si pensi, ad esempio, a L'Apertura, lavoro di un paio di anni fa, dalla struggente intensità drammatica -, la De Angelis è apparsa conquistare oggi un linguaggio più autonomo, originale e intenso, a tratti corrosivo e disperato, a tratti più tranquillo, ma mai pacificante. Eppure, inaspettato, pian piano si fa strada, nel corto come nella danza dal vivo, una sorta di scioglimento delle tensioni, una sorta di sospensione del dolore. È un approdo impensabile, sorprendente, che ci porta alla cultura antica cinese, alla cui filosofia la De Angelis è legata. Evanescenti figure, evocanti pose di arti marziali, sembrano risolvere ogni dissidio, aprendo la vita ad un atto di superiore sorriso e di straniamento estatico.

Eccellente prova di tutta la scuola, i cui elementi di spicco, come si è appreso dal programma di sala, sono finalisti al Concorso nazionale Danza Firenze 2009. Una grande soddisfazione, che premia il decennale lavoro di Arte in Movimento, un percorso artistico e didattico di alto valore.

 

 

 

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