SARA SEGULIN ENTRA NELLA ALVIN AILEY II

(04/09/2001) di Paola Cosolo Marangon
Quando si è giovani, avere dei sogni è abbastanza normale, spesso però la fatica e la costanza sfumano e i sogni svaniscono, lasciando spazio a quotidianità di routine.
Sara Segulin ha inseguito il suo sogno ed ora, estate 2001, una prima importante tappa della sua carriera la vede affermarsi a New York.
Sara è nata a Trieste, oggi ha 22 anni, dopo gli studi presso la Ginnastica Triestina, sempre accompagnata dalla professoressa Doriana Comar, ha iniziato il difficile cammino verso quella che, fino a poco fa, poteva sembrare un'utopia: entrare a far parte del corpo di ballo tra i più prestigiosi d'America, l'Alvin Ailey.
Sara ce l'ha fatta. Ha superato l'audizione e pochi giorni fa ha firmato il suo primo contratto con la Alvin Ailey II.
E' l'unica componente del gruppo italiana, di pelle bianca, tutti gli altri ballerini sono di colore. Questo fatto la inorgoglisce un po', perché, dice, "i danzatori di colore hanno una capacità meravigliosa di rappresentare le emozioni , di vivere quello che danzano". La giuria che l'ha esaminata ha affermato che Sara, dentro l'involucro bianco, possiede un'anima "nera". Non esiste maggior complimento per chi, come lei, ha voluto con tutta se stessa dedicarsi profondamente e cocciutamente alla danza.
Le ho chiesto che cosa prova in questo momento. La risposta, nel suo stile semplice e conciso, è stata breve: incredulità, gioia, soddisfazione. Una soddisfazione personale, ma anche fortemente legata alle persone che hanno creduto in lei. In primo luogo la famiglia, che l'ha sempre appoggiata e lasciata libera di scegliere e la sua insegnante, Doriana Comar. Sara riconosce alla professoressa Comar il grande merito di averla educata alla perseveranza, alla sopportazione della fatica, alla cocciutaggine.
Sara ammette di aver lavorato tanto, di avere avuto dei momenti di paura, quando, dopo gli anni trascorsi da allieva e borsista della Alvin Ailey School, le è stato recapitato l'invito per l'audizione. Paura di non farcela, di non coronare il suo sogno, di non essere all'altezza.
Oggi, commossa ed emozionantissima, si apre a riflessioni su questi anni vissuti a New York. I momenti "alti", quando studiare le ha fatto percepire il suo corpo in crescita, che si stava modellando e rispondeva al volere degli insegnanti/coreografi; e i momenti di fatica, il timore di non farcela, la consapevolezza di dover mantenere un livello sempre altissimo in classe e fuori classe.
Le ho chiesto quale è stato il momento di maggiore soddisfazione, a parte la firma del contratto. Mi ha risposto: ballare. Comunque e sempre il palcoscenico, in particolare le coreografie ballate alla fine dell'anno scolastico davanti ai più grandi coreografi di New York.
Sara ha finito un viaggio, quello da studentessa, adesso, a chi le chiede se si sente arrivata, lei risponde che sta semplicemente iniziando un nuovo viaggio.
Le chiedo se ha un sogno per domani. Ballare sempre e portare un suo pezzo nei suoi teatri, il Rossetti di Trieste e il Comunale di Monfalcone. Si sente in sdebito con la sua terra e vorrebbe in qualche modo restituire ciò che ha ricevuto ballando una sua coreografia qui, a casa, da professionista matura.

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