Momenti di Tango recensione e intervista a Raffaele Paganini

(18/04/2001) di Claudia Rocchi
FAENZA - Con "Momenti di tango", andato in scena al Masini di Faenza, Raffaele Paganini si è tolto uno sfizio che gli era rimasto fin dai tempi della scuola dell'Opera di Roma: realizzare un balletto a serata intera su una danza "di carattere" a lui cara. Un'esigenza avvertita tanto più ora che, a 43 anni, si divide fra il musical e proposte di tipo nuovo, lontane dal balletto accademico, abbandonato per limiti di età. Rincresce perciò dover constatare che, proprio l'unico "ballerino degli italiani", dai movimenti ancora precisi e accattivanti, abbia sbagliato serata e operazione. Perchè non basta la passione del tango per portare in scena una danza così impegnativa che, in realtà, esprime un modo di essere e di sentire. Tanto meno se ci si affida a un coreografo che si dimostra ignaro dell'anima del tango, e a danzatori inadatti. E' vero che da ballerini classici si accoglie volentieri un'interpretazione personalizzata e "classica", che esula da quella ortodossa dei tangueros. In ogni caso, se di tango si vuole ballare, si dovrà partire dai passi base per poi ricreare la danza. L'argentino Julio Bocca ne ha dato un pregevole esempio in un passo a due seducente ed elegante. In "Momenti di tango" invece, l'unico esempio di tango è la musica di Piazzolla, peraltro proposta con una acustica fastidiosa. I danzatori, approssimativi nell'esecuzione (tranne una), quasi mai sincronici, e per nulla incisivi, si muovono su coreografie di Luigi Martelletta.
Coreografie inutili. Nel senso che l'assemblaggio di movimenti fini a se stessi, banali, pur fantasiosi e gradevoli a tratti, nulla aggiunge alla causa della danza. E Paganini, dai movimenti ancora fluidi e puliti, nonostante i capelli brizzolati, non esprime alcuna anima da tangueros; si limita ad eseguire ma non è una presenza viva. Una serata che ricorda i saggi delle scuole. I progetti ambiziosi si creano con un lungo lavoro, intenso, profondo, e con collaborazioni adeguate. In attesa di rivederlo forgiato veramente dal tango, Paganini esprime alcune dichiarazioni, rilasciate con la consueta disponibilità.

Con "Momenti di tango" ribadisce l'intenzione di allargare la sua proposta tersicorea.

 
"Nonostante i miei 200 spettacoli all'anno, mi piace provarmi in cose di tipo diverso. Prediligo i linguaggi che da una base classica spaziano in danze di carattere".

Cosa presenterà in estate?

"La Carmen di Bizet con il Balletto di Roma. Sarò Don Josè. Anche in questo caso voglio sviluppare la coreografia in un modo nuovo. Io sarò in carcere, prima di venire giustiziato. Da quella immagine partirà il racconto, danzato, della mia storia d'amore, di passione, di morte. Forse inseriremo un recitativo per esprimere il mio pensiero". Dunque anche i classici segnano il passo e si affidano a idee nuove.
"E' importante andare a vanti, non fossilizzarsi. Mi sembra che la danza classica e i suoi grandi balletti stiano vivendo un momento di calo di interesse da parte del pubblico".
Quale dovrebbe essere il giusto atteggiamento di un danzatore famoso, ma non più giovanissimo?
"Quello di rimettersi in discussione, aprendosi a nuovi suggerimenti. Non ci si deve mai fermare ma andare avanti. Chi ha già detto tutto, è bene che si metta in disparte e lasci spazio ai giovani valenti che hanno il diritto di trovare spazi".

Come sta andando "Dance" il nuovo musical della Rancia di cui è protagonista?

 
"Molto bene. Per la mia coreografia ho chiamato Mauro Bigonzetti, amico e compagno di corso all'Opera di Roma. Ha realizzato un pezzo davvero bello".

Claudia Rocchi

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