
IL SOGNO DI BIGONZETTI: MODERNO CON RADICI ANTICHE
(14/04/2001) di Claudia Rocchi
Una narrazione che asseconda la trama con un linguaggio attuale. Via la pantomima, è il diktat del creatore, e largo a una gestualità decisa, puntuale, rigorosa. Via l?ambientazione favolistica mielosa, quella inverosimile da cartoon, e largo a una architettura scenografica di Fabrizio Plessi dove i fondali da operetta, si sostituiscono con un bosco fatto di oggetti - tronchi verticali e orizzontali, e costruzioni - pannelli sobri e mirati. E dove il richiamo alla grecità della storia, viene sottolineato da morbidi teli e da un capitello. Unica concessione alla "magia": una fontana zampillante di acqua "vera" cifra dell'opera di Plessi. E ancora, largo alle luci, vera tecnica scenografica del teatro di questo tempo, disegnate da Carlo Cerri sui toni del rosso. Ma largo pure ai costumi essenziali di Guglielmo Capone. Qui i personaggi sono riconoscibili per la forza evocativa che manifestano, non dall'esteriorità dell'abito di scena. E poi le musiche, una vasta partitura scritta appositamente da Elvis Costello, vecchia passione di Bigonzetti fin dagli anni del liceo. Il compositore si adopera per sottolineare i diversi momenti della storia con musiche e atmosfere differenti: venature ora pompose, ora popolari, ora jazz.
Il coreografo concede spazio ai diversi ruoli, assecondando il concetto di danza da lui coltivata. Un corpo di ballo fatto di tanti solisti, molto abili e diversi fra loro, dai quali pretende l'esaltazione della personalità del singolo. La scelta dei "caratteri" del Sogno è quindi oculata, a cominciare dai personaggi espressionisti di alcune fate: la belga Ina Broeckx, una Titania malefica e seduttiva, l'Oberon del francese Cyril Griset e Veronique Dina Jean, un Puck di sorprendente presenza scenica. Attraverso questi, passa una delle invenzioni di Bigonzetti: un bosco moderno dove la "magia" si manifesta con ambiguità, malignità, pericolo. Più giocose le altre fate che danzano (tanto per restare nella commistione fra tradizione e modernità) con una scarpetta e un piede scalzo. Un intreccio plastico e dinamico è quello fra i quattro amanti; altrettanto plastico ed elegante il corpo di ballo degli "artigiani". Forse un maggiore numero di danze corali, avrebbe giovato a dare più risalto a un ensemble di danzatori di alto livello.